La mia vita da fulltimer non sarebbe la stessa, se non ci fosse Ventosa, il mio gatto.
La mia vita da FULLTIMER
Innazitutto
La notte e il risveglio in una giornata tipo
La notte e il risveglio sono sicuramente gli aspetti più importanti della mia vita da fulltimer.
La notte cerco il buio, in luoghi possibilmente lontani dall'illuminazione artificiale; dormo con la testa vicino all'oblò, da cui posso ammirare le stelle o i fulmini o la pioggia. Il rumore della pioggia è uno dei migliori sonniferi. Ascolto la ninna nanna dei grilli, degli allocchi o delle civette o il vocìo dei ghiri, esaltati dal silenzio. A volte sono circondata da cervi e caprioli; a volte dai cinghiali.
Il risveglio avviene il più delle volte in modo naturale, quando appare il sole.
Mi corico appena viene buio e questo significa che d'inverno posso dormire dalle 18 di un giorno fino alle 8 del giorno successivo.
Dormire quanto si vuole non è "pacchia", ma è salutare. Alzarsi ogni giorno con la sveglia e andare a dormire tardi è innaturale e bene certo non fa.
In camper è inutile stare svegli quando fuori è buio: serve solo a consumare energia elettrica, che non è sufficiente per fare lavori che richiedano attenzione come pulire, scrivere o cucire o lavorare all'uncinetto. D'inverno significa sprecare combustibile per riscaldarsi.
In estate si dorme di meno, mentre in inverno si dorme di più. Come dovrebbe essere.
Dopo il risveglio, c'è il pasto più importante: la colazione, da eseguire secondo un rito che si ripete ogni giorno, nell'angolo belvedere, che sul mio camper per fortuna non manca.
La colazione per me si ripete anche a mezzogiorno.
Faccio poi un unico pasto pomeridiano, intorno alle 18 d'estate e intorno alle 17 (a volte anche alle 16) d'inverno.
Non si diventa fulltimer dall 'oggi al domani
Diventare fulltimer non è stata una scelta drastica, ma l'ultimo passo di un percorso iniziato nel 2008. La motivazione è ovviamente legata alle difficoltà economiche, che sono state più una fortuna, alla fine, che un danno.
Nel maggio del 2008 decidevo di non usare più l'automobile e di affrontare la vita esclusivamente con la bicicletta o, al massimo, con i mezzi di trasporto pubblici anche in combinazione con la bicicletta. In quegli anni avevo già eliminato la televisione da un pezzo.
Nel 2013 a seguito di un allagamento del mio ufficio (vedevo l'acqua scendere in grandi quantità dal soffitto formando delle vere e proprie cascate con tanto di fragore), iniziavo a riprogettare la mia vita, dopo essermi sistemata in una tenda in cui ho vissuto per sei mesi. In quella tenda è nato il mio Progetto "Brema" e in quell'anno mi sono trasferita a Claut, in mezzo alle montagne, in Valcellina.
Nel 2016 le mie difficoltà economiche si acuivano (grazie a occasioni perse per insufficienza di corse dei mezzi di trasporto e grazie a compensi non riscossi) e così l'unica possibilità, per me che vivevo di un'attività autonoma senza sede fissa (libera professione di ingegnere e lezioni private), era il camper: in esso potevo riunire casa e mezzo di trasporto e non avevo più bisogno di rientrare alla sera nello stesso luogo. Avevo già un gatto, Ventosa, che non mi lasciava mai; mi accompagnava a prendere la corriera e poi attendeva tutto il giorno il mio rientro. Insieme andavamo a fare lunghe passeggiate per i sentieri. Lui non sarebbe stato certo un problema. Un po' in realtà lo è stato, soprattutto nel primo anno, perché non sopportava i viaggi in camper e perché non lo riconosceva come casa sua. Ora la situazione è molto miglorata e in ogni caso lui non ha mai smesso di aspettarmi dove lo lasciavo per poi tornare a riprenderlo.
Il 31 agosto del 2016 mi sono trasferita nel camper, sul quale ho ovviamente caricato la mia bicicletta, con l'idea precisa di vivere da fulltimer.
La vita da fulltimer è soprattutto una vita in sintonia con la natura; lo è per un motivo ovvio, perché andare contro natura significa sovraccaricarsi di oneri e di fastidi, che è quello che fa quotidianamente chi conduce una vita "normale" anche se apparentemente potrebbe ritenere di aver conseguito il benessere.
Nella vita in camper si deve essere attivi con la luce e dormire col buio. La luce elettrica va considerata come una risorsa da utilizzare in via del tutto eccezionale e solo se necessario. La corrente elettrica, fornita dal pannello fotovoltaico, si può utilizzare quando è disponibile e per questo bisogna sostare in luoghi esposti al sole durante l'inverno, mentre si può sostare parzialmente all'ombra durante l'estate. Quando il sole non c'è, si ripiega verso altre attività possibili in sua assenza. L'organizzazione, per un fulltimer, è la cosa più importante, insieme alla versatilità.
Niente TV, per quanto mi riguarda, ma anche niente frigo o, meglio, non si accende il frigo: in estate posso mantenere il fresco con due bottiglie di vetro riempite di acqua fresca di fonte; d'inverno è sufficiente tenere il frigo acceso durante la notte, quando la stufa è spenta. Già, la stufa: avendo la fortuna di possedere un camper vecchiotto, ho molte finestre da cui entra la luce del sole e d'inverno sono sufficienti a riscaldare l'ambiente dalle 9 della mattina fino alle 15, senza dover usare la stufa.
Tornando al frigo, ne avevo già abbandonato l'uso da molti anni, perché d'inverno era sufficiente mettere le cose sul davanzale della finestra e in estate trovavo divertente fare la spesa ogni giorno.
Nel camper non si può tenere il superfluo, nel senso di ciò che ingombra o che fa consumare energia: dunque niente phon e niente elettrodomestici o dispositivi vari ad azionamento elettrico. Ovviamente c'è chi con il camper vive allacciato alle colonnine dell'elettricità nelle aree di sosta attrezzate e in questo caso riesce a vivere come se fosse in una casa, ma questo non è, per me, essere fulltimer. Il fulltimer vive in sosta libera, in modo indipendente, cercando di recarsi nelle aree di sosta il meno possibile.
Per quanto concerne l'uso dell'acqua, il camper è fornito di un serbatoio capiente; il problema, invece, è rappresentato dai serbatoi di scarico, di volune inferiore. Se voglio aumentare la mia autonomia ad almeno una settimana, devo evitare di sprecare acqua e di doverla riversare nei serbatoi. Per lavare i piatti uso l'acqua della pasta, appositamente senza sale, oppure l'acqua di lavaggio della verdura. Non uso detersivo e pulisco i piatti con la carta da cucina quando sono sporchi di unto.
Brucio la carta da cucina, insieme ai fazzoletti di carta, in una scodella di acciaio e poi seppellisco le ceneri nei campi, insieme ai residui di cibo (specialmente quelli del cibo avanzato di Ventosa).
Se ai rifiuti organici riesco a dare una destinazione, il problema si pone per tutti gli altri tipi di rifiuto, il cui ingombro, sul camper, è ingestibile. Per alcuni di essi provvedo a sminuzzarli, per ridurre il volume. Quando esco dal supermercato, trasferisco le cose acquistate in contenitori miei e restituisco gli involucri vuoti al negozio.
In camper bisogna rassegnarsi al fatto che ogni volta che si deve prendere una cosa, ce ne sono altre tre che bisogna spostare. E poi bisogna rimettere tutto sempre ben a posto e in modo che non si muova durante il viaggio.
Residenza senza fissa dimora
Un Fulltimer che decide di vivere spostandosi anche al di fuori del proprio comune di residenza, è un cittadino che non ha una dimora fissa e il cui modo di vivere contrasta col sistema dei servizi pubblici, che vengono erogati per zone (ambiti).
Spiego qui come ci si deve comportare per ottenere la residenza.
Il testo che riporto di seguito è estratto da un lavoro prodotto da me in collaborazione con Alberto Itinerant e pubblicato in:
Secondo il diritto italiano, si definisce residenza "il luogo in cui la persona ha la dimora abituale" (art. 43, secondo comma C.c. ); essa non va confusa con il domicilio, che invece è il luogo in cui una persona giuridica “ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi" (art. 43, primo comma C.c. ).
Secondo l’ISTAT, si definisce senza fissa dimora “[…] chi non abbia in alcun Comune quella dimora abituale che è elemento necessario per l’accertamento della residenza ( girovaghi, artisti delle imprese, spettacoli viaggianti, commercianti, artigiani ambulanti, ecc.), ovvero coloro che non dimorano abitualmente in nessun Comune, oltre a non avere una normale abitazione.”
(Fonte: ISTAT, “Metodi e norme”, in “Avvertenze generali sulle disposizioni contenute nella legge", 1992, p. 41”)
La Circolare Istat 29/1992 ha stabilito che ogni Ufficio Anagrafe deve registrare la persona senza tetto o senza dimora nel registro della popolazione residente, istituendo – in caso di assenza di domicilio o residenza – una via fittizia che non esiste dal punto di vista territoriale/toponomastico ma ha equivalente valore giuridico e nella quale la persona elegge il proprio recapito.
La residenza delle persone senza fissa dimora è regolata dall’art. 2, c. 3, della L. n.1228/1954:
“È fatto obbligo ad ognuno di chiedere per sé [...], la iscrizione nell'anagrafe del comune di dimora abituale [...].
L'assenza temporanea dal comune di dimora abituale non produce effetti sul riconoscimento della residenza.
[...] la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune dove ha stabilito il proprio domicilio. La persona stessa, al momento della richiesta di iscrizione, è tenuta a fornire all'ufficio di anagrafe gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l'effettiva sussistenza del domicilio. In mancanza del domicilio, si considera residente nel comune di nascita […]”
L'articolo 13 del Regolamento di attuazione della legge anagrafica, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, stabilisce che la residenza si dichiara; per chi decide di vivere in camper, la dichiarazione viene effettuata "per cambiamento di abitazione" (art. 13, c. 1, lett. c).
Quindi, il domicilio deve essere dimostrabile e accertabile.
Esiste un modulo apposito per presentare la dichiarazione di residenza (lo si può trovare, per esempio, in: https://bit.ly/2OjyCik - MODULO PER LA DICHIARAZIONE DI RESIDENZA PER SOGGETTI SENZA FISSA DIMORA ); ad esso dobbiamo unire una dichiarazione riguardante il tipo di interessi che ci lega a quel comune e a grandi linee lo stile di vita che intendiamo adottare (per esempio il viaggiare per motivi di lavoro).
Nello spazio in cui dobbiamo compilare l'indirizzo di residenza riportiamo quello che ci suggerisce l'Ufficio, in quanto, secondo la norma,
“l’anagrafe istituisce una via fittizia, territorialmente non esistente ma equivalente in valore giuridico. In tale via verranno iscritti con numero progressivo dispari sia i senza tetto, sia i senza dimora” (Fonte: Avvocato di Strada, Workshop GLN fio.PSD del 30 Novembre 2017 – Modena).
Arriviamo così, nella compilazione del modulo, all'elezione del domicilio, che deve essere "accertabile".
Se non abbiamo un domicilio fisico accertabile, abbiamo, nell'era dell'amministrazione digitale, la possibilità di eleggerne uno digitale, che possieda anche la caratteristica di essere una "cassetta postale" sicura: la PEC (posta elettronica certificata); lo prevedono l'art. 3-bis al c. 1-bis e l'art. 48, c. 2, del Codice dell'Amministrazione digitale, il Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
Tale domicilio è dunque anche considerato "accertabile".
Nel modulo, tuttavia, dobbiamo riportare un indirizzo con via e numero civico e non c'è uno spazio dedicato a un indirizzo PEC.
È altresì vero che il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione è in atto e non è stato completato, pertanto il fatto di ostinarsi a fornire una PEC non ci offre vantaggi immediati, ma ce ne offrirà in futuro; questo non significa che non possiamo fornire la PEC come domicilio, perché comunque la legge è valida e non prevede una disciplina transitoria per il periodo in cui si attende che sia completata l’anagrafe nazionale.